Wednesday 4 February 2009

archivio (46) Rewind: 1992

[Rewind - 1992]

Il prete esiliato.

Apro il cofano. Un'ondata di odore di olio caldo mi investe la faccia. Strizzo gli occhi, lo sguardo si adatta alla penombra che circonda il motore. Vedo l'aria tremolare per il calore intorno alla massa metallica. Bestemmio in siciliano, ripetutamente. Ghirma e' ancora seduto in macchina, si affaccia al finestrino:
"Quello non era inglese"
"No, era la mia lingua"
"Cosa vuol dire?"
"Ti assicuro che non lo vuoi sapere"
"Ah ah ah"
I supporti superiori del radiatore - i due pezzi tubolari di acciaio che lo tengono fermo - si sono spezzati di netto: moncherini metallici che penzolano, il radiatore ancora in piedi sul suo supporto inferiore, ma so che se lo toccassi dondolerebbe. Naturalmente non lo tocco: e' rovente. Vado ad appoggiarmi al finestrino di Ghirma, mi accendo una sigaretta. Lui mi guarda impassibile.
"E' serio?"
"Si puo' riparare, ma dobbiamo aspettare che si raffreddi"
"Li' c'e' un albero, mettiamoci all'ombra"
Guardo nella direzione che mi indica. Un po' piu' avanti, a lato della pista c'e' una acacia umbrellifera, una di quelle rachitiche che si vedono nei documentari di Piero Angela: tronco contorto, fogliame rado di forma appiattita.
Salgo, metto in moto, e piano piano, in prima, mi sposto all'ombra. Ombra per finta, ombra rada. D'altronde l'acacia non ha foglie: ha spine.
Beviamo acqua dalle bottiglie di plastica, calda come piscio. Ci rilassiamo nell'attesa. Ghirma dice:
"Non sapevo neanche che quella strada che abbiamo preso esistesse. Siamo quasi arrivati a Bako, e abbiamo risparmiato due giorni"
"L'ho trovata in un vecchio libro"
La Guida dell'Arica Orientale Italiana 1938 del Touring Club che ho portato con me dall'Italia anni addietro si e' rivelata preziosa ancora una volta: le strade sono uguali, i posti sono gli stessi, le cose descritte non sono cambiate. Questa e' Africa, e il tempo passa lentamente, se una strada esisteva sessanta anni fa c'e' ancora, a meno che non sia nel deserto.
"Bella strada, anche, lungo quella valle, il fiume, gli alberi..."
"Si" dico "Ma abbiamo spaccato i supporti del radiatore sulle pietre del fiume"
"Non ti preoccupare" mi dice Ghirma "hai detto che si puo' aggiustare, no?"
Sorrido alla sua filosofia "Si. Ho quello che mi serve"
"Certo che l' ufficio avrebbe potuto darci una macchina nuova"
"Ah...ehm..ecco...l'ho scelta io..."
"Aha! voi ferengi, voi stranieri e la vostra passione per le cose vecchie!"
"Non e' vecchia!!! come ti permetti!....ha solo dodici anni...non vedi che bella? bianca di fuori, rossa dentro, cruscotto metallico, cabina squadrata, sei cilindri, quattromila diesel, quattro marce, ridotte...e' una meraviglia..." Mi lascio andare a descrivere le bellezze del vecchio LandCruiser, che non si sarebbe rotto se avessi guidato piu' lentamente...ma volevo arrivare prima di notte a Bako, e ho spinto. Bang.

Ghirma mi guarda con gli occhi scuri, le cornee velate di giallo, e ride. Ha cinquant'anni, la pancia, il doppio mento, e' grasso, respira con difficolta'. E' il miglior specialista Ismailita di interventi di emergenza. Lavora per una ONG inglese, come me. Stiamo andando a Bako, capoluogo delle province sudoccidentali di Ismailia. Tre giorni prima il governo Ismailita ha dichiarato "situazione di emergenza" nel sudovest, e ha chiesto l'aiuto delle ONG per rimediare ai danni causati dalla siccita': non piove da tre anni e mezzo in questa parte di Africa. 
E si vede: usciti dalla valle attraverso cui la scorciatoia ci aveva condotti siamo sbucati nel niente. Le montagne di Ismailia sono come una mano aperta appoggiata sulla mappa dell'Africa...la strada ci ha condotti fra due dita della mano fino a giu' nei bassopiani desertici. Stamattina ci siamo lasciati le montagne alle spalle e ci siamo inoltrati nella pianura. Non si muove niente, a parte il tremolio dell'aria calda. Non c'e' una nuvola, il sole e' una presenza opprimente che pesa con la sua brillantezza sulla strada, sulla macchina e sui cespugli polverosi. 

Un paio di ore prima abbiamo passato l'incrocio che sulla mia mappa e' detto "delle quaranta fontane", e ci siamo riimmessi sulla pista principale. Certo, sempre pista e'..l'asfalto e' finito trecento chilometri fa...avevo chiesto a Ghirma "dove sono queste fontane?"
"Quali fontane?"
"Qui sulla mappa dice cosi'"
"E' la traduzione dalla lingua Amende in Italiano?"
"Credo...visto che la mia gente e gli Amende erano alleati nel 1938...ma le fontane dove sono?"
"Non ci sono. Questo non e' territorio Amende, e' terra dei Garra"
"Non capisco"
"In Garrash la frase che in Amende vuol dire "quaranta fontane" significa "quaranta elefanti"
"Ahhhh!!!! ora ci siamo...cartografi e linguaggi.....ma gli elefanti dove sono?"
"Ci saranno stati all'epoca...oggi si sono spinti a sud, dove c'e' ancora acqua tutto l'anno"

Viaggiare con Ghirma e' un piacere: sa quattro lingue a parte l'inglese, ha studiato igiene e medicina preventiva alla John Hopkins, ed e' tornato nella sua terra invece di starsene in America e diventare ricco, ed e' un compagno di viaggio ideale: non si lamenta mai, conosce tutto e tutti, e sembra abbia piacere della mia compagnia.
Faccio un pisolino sul sedile reclinato. Fuori c'e' troppo caldo, almeno in macchina c'e' ombra. E poi fuori e' pieno di spine di acacia e ci sono gli scorpioni. Meglio no. Ghirma mi sveglia dopo un poco: 
"Andiamo?"
Scendiamo, apro il cofano: il motore e' sempre caldo, ma non rovente. Col filo di ferro grosso e pezzi di camera d'aria faccio una legatura ai due lati del radiatore, ricollego i supporti alle staffe. Uso due rametti di acacia infilati nel filo di ferro come torchietti, stringo il tutto, provo, scuoto: non si muove. Controllo i manicotti di gomma dove passa l'acqua: intatti. L'acqua c'e'. Rimetto in moto con un rombo soddisfacente. Sorridiamo, Ghirma e io: possiamo andare. Abbiamo un lavoro da fare.

La fase preliminare di uno studio sull' impatto ambientale della siccita' consiste nel raccogliere dati, nel sentire opinioni, e nell' osservare direttamente la situazione. 
I dati sono ovviamente i piu' importanti. Quali dati? be', potete immaginarlo: precipitazioni, quantita' di pioggia per centimetro quadrato, popolazione totale, altre risorse idriche, risorse alimentari, andamento dei mercati di animali domestici, prezzi, solo per citarne alcuni. In posti come questo, dove di dati certi ce ne sono pochi, e dove l' infrastruttura per raccogliere e conservati dati non c'e proprio o non funziona, l'analisi qualitativa diventa importante: andare a vedere, parlare con la gente, rendersi conto di cosa stia succedendo. 

Uno dei posti dove andare segnato sulla mia lista e' la Missione Cattolica di Denka, sulla strada per Bako, e ormai dovremmo essere vicini. Infatti una stradina si diparte a sinistra, si perde all'orizzonte. Non ci sono cartelli, ma ci sono tracce di automobili, e sulla mia mappa non c'e' altra strada per raggiungere Denka. Dopo una mezz'ora la strada scende in una depressione nella pianura: c'e' un po' di verde stento, qualche mucca, una dozzina di capre, una ventina di capanne, e la missione, recintata di filo spinato (per tenere fuori le vacche, non la gente). Attraversiamo lentamente il villaggio, un paio di facce si sporgono dalle porte per vedere chi e', ma perdono subito interesse. Il caldo e' totale. Lo zabagná sente il motore, apre il cancello, entriamo. Parcheggio davanti alla residenza, una casa bassa in muratura, con veranda circondata da bouganvillea. Si vede che qui c'e' acqua perenne, si sente il ronzare della pompa che tira acqua dal pozzo. 
Con Ghirma ci spolveriamo la polvere di dosso (si fa sempre questa cosa), ed entriamo nella veranda. Sorpresa: una nuovissima mountain bike e' appoggiata al muretto. Sedie e tavolino di vimini, ben tenuti. Si apre la porta a zanzariera, un ragazzo esce e ci viene incontro. E' un ragazzo locale: ha la faccia molto scura., le cicatrici tribali sulle tempie e i labbroni tipici dei dei Garra. Ma com'e' vestito: ha una maglietta "Hard Rock Cafe' - Berlin", pantaloncini da ciclista aderenti fucsia, Nike Air ai piedi. Avra' tredici o quattordici anni. Ci guarda con espressione antipatica.
"Che volete"
"Parlare con Padre Schmidt. C'e'?"
"E' via"
"Quando tornera'?"
"Non lo so"
Con Ghirma ci guardiamo in faccia. Questo non e' modo di fare degli Africani, e neanche dei missionari.
"Lo aspetteremo"
Ci sediamo sulla veranda. Il ragazzo si gira ancheggiando, prende la mountain bike e sparisce dentro la casa.
Con Ghirma conversiamo in Amende. Me la cavo abbastanza dopo tutti questi anni.
"Pessima accoglienza" dico.
"Padre Schmidt non lo conosco" mi dice. "Anni fa era il segretario del Cardinale, sembrava avviato ad una carriera nella diplomazia della tua chiesa"
"Non mi insultare, Ghirma, ti ho detto che non e' la mia chiesa. E poi?"
"E poi lascio' la capitale e non se ne seppe piu' niente per molto tempo. Qualche tempo fa seppi che era qui come missionario"
"Mah. Aspettiamo"
Il sole si abbassa, il pomeriggio avanza. Una donna antica e grinzosa si affaccia da una delle baracche della missione, ci guarda. Dopo pochi minuti ci porta un vassoio con due bicchieri di te' dolce. Le sorrido, la ringrazio in Garrash (non so dire altro). Le sue grinze scompaiono, gli occhi le luccicano per un istante, si inchina, scappa via.
Dopo un'ora arriva una macchina. Parcheggia accanto alla nostra. Ne scende un omaccione vestito da cacciatore bianco, sahariana e pantaloncini al ginocchio. Avanza pesantemente verso la casa dove siamo noi, entra in veranda. Ci alziamo.
"Padre Schmidt, buona sera. Mi chiamo KT, lavoro per la ONG tale. Questo e' il mio collega, Dr. Ghirma"
"Piacere. Non vi aspettavo"
"Siamo di passaggio, andiamo a Bako per investigare l'emergenza"
"Emergenza? qui e' sempre emergenza..."
Improvvisamente si apre la porta interna, il ragazzo e' sulla soglia. Non dice niente, gli trema leggermente il labbro. Padre Schmidt lo guarda in silenzio per un istante, poi gli abbaia qualcosa in Garrash. Il ragazzo apre la bocca, la richiude. Si volta e scompare dentro la casa, la casa che e' ovviamente quella di Padre Schmidt.
Padre Schmidt cambia tono, si rivolge a noi bruscamente.
"Invece di spendere i soldi per le emergenze che non esistono dovreste chiedere a me che vivo qui da anni di cosa ci sia bisogno"
Assumo un tono ragionevole. Ghirma, furbo, lascia la discussione ai ferengi.
"Beh, e' per questo che siamo qui, padre. Vorremmo la sua opinione sulla situazione"
"Allora dite al vostro capo che ho bisogno di soldi per costruire chiese"
"Chiese?" chiedo, leggermente sorpreso.
"Certo, chiese!" urla lui "A mezza giornata da qui si sono installati i Protestanti americani: hanno una clinica prefabbricata, energia solare e hanno costruito una grande chiesa: i Garra ci vanno a frotte!" 
"Ci andranno per la clinica" dico io
"Certo! Ma i protestanti li curano solo se i Garra si convertono! E a quelli che si convertono danno cibo e coperte e medicine!"
"Padre...lei capisce che noi non siamo la Caritas...non possiamo spendere i soldi dei nostri sostenitori per costruire chiese"
Mi guarda furibondo, occhi porcini, faccia paonazza, capelli color carota grigi per la polvere. Io continuo, imperterrito:
"Ma per pozzi, per irrigazione, per medicine, per scuole, per derrate alimentari se c'e' un'emergenza...tutto questo e altro si puo' fare"
"La fede! cosa sono tutte queste cose se manca la fede! A che servono i beni della terra se lo spirito e' deviato dagli eretici protestanti! Chiese! Ne ho costruite dieci in tutti questi anni e non bastano! Le chiese, la casa di Dio, non beni terreni. I Garra hanno bisogno di fede...sono come bambini innocenti..."
Ghirma alza di scatto la testa. Non sorride piu'.
"Come quello che ti tieni in casa, Padre Schmidt? con i vestiti alla moda e le scarpe costose che nessun altro ha? E' questa la fede di cui parli, Padre Schmidt?"
Il prete boccheggia, ansima. Ghirma continua: "Che esempio dai a questo villaggio ed al tuo gregge, Padre Schmidt? La mia nazione non ha bisogno di gente come te"
Ghirma e' calmo, ma furioso. Si volta e lascia la veranda. 
"Padre Schmidt, grazie per il te'" dico.
Gli passo accanto per andarmene. Odora di sudore, puzza di sudore. Carne grassa e pelle rossa. Mi fa leggermente schifo. Monto in macchina, dove Ghirma e' gia' seduto, metto in moto, faccio retromarcia sterzando al limite, sollevo nugoli di polvere. Andiamo via da questo posto malato.

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