Wednesday 12 July 2017

L'Abbazia e il Mulino

Era il 1991 e mi muovevo da qualche mese su e' giu' per la strada provinciale 441 fra Chiusdino in provincia di Siena e il mare. Me la ricordo come una bella strada tranquilla, curve e rettilinei circondati da alberi e campi, il fiume sotto la sua cupola verde si faceva seguire dalla strada, ma non si mostrava allo sguardo. Poco traffico. Rimaneva un piacere farla giorno dopo giorno, la 441. In moto ovviamente. Yours truly aveva una Cali II nera e cromo, la quale usciva dalla fabbrica con la coppia di un trattore, a 1800 giri rimbalzava dalla frizione come questa fosse stata una fionda. Compagna quotidiana da qualche anno, aveva anche un nome...che vi risparmiero'. Altre storie, alcune gia' raccontate.

La provinciale 441 segue un fondovalle nel mezzo delle Colline Metallifere, dove i paesi e i manieri sono tutti in cima alle colline attorno, rannicchiati su essi stessi come se si aspettassero un'invasione. Andando verso ovest emerge dal paesaggio del fondovalle, e poco al lato della strada, il profilo delle rovine dell'Abbazia di San Galgano. Seriamente imponenti le rovine, si stagliano da lontano contro il cielo quando e' sera e stai scendendo verso il mare dove speri di trovare una cena di pesce e una ragazza che hai incontrato qualche giorno prima. Non necessariamente in quest'ordine. Certo che ti fermi, ogni volta.

Le rovine hanno quasi mille anni. Fermarcisi per una sigaretta e cinque minuti di contemplazione puo' suonare blasfemo o ridicolo solo prima di farlo. Non sapevo niente della storia del santo di cui presero il nome, delle storie fra ordini religiosi e le guerre fra frati per prendere il controllo del merito e della santita', della spada nella roccia irl che c'e' nella storia e anche li' vicino... No, a me bastava guardarmele, le rovine, e pensare alle centinaia di anni che erano state la', e a tutte le cose e le genti e le stagioni che avevano visto passare. E riflettevo, con la sigaretta in mano e sempre seduto sul sellino della moto, anche se ora di traverso e a gambe incrociate, zen-senza-scendere, che l'emozione che provi - la bellezza del profilo delle pietre e il senso di minuscolo che ti riflettono addosso, qualche anno fra secoli, a leaf in the wind, non e' diversa da quella che ti da Hagia Sofia o El Djem.

Ma dura poco, spegni la sigaretta, ti rigiri sulla sella e te ne vai, si sta facendo buio e il mare ancora e' lontano.
Non c'era mai nessuno, a visitare le rovine. Quando passavo la domenica c'erano invece sempre almeno una mezza dozzina di auto parcheggiate lungo la provinciale, spesso targhe estere. 

Le cose peggiorarono seriamente solo un paio di mesi dopo. Qualche chilometro piu' a ovest lungo la provinciale - si era venuto a sapere sui giornali - pareva essere la localita' dove avevano girato gli spot tv originali del Mulino Bianco.
Nel giro di poche settimane le folle di visitatori al set della pubblicita' erano cresciute a centinaia di auto parcheggiate lungo la provinciale per chilometri su entrambi i lati. Tutti italiani, occorre dirlo? Famiglie, cestini da picnic, nonne, picciriddi schiamazzanti. Un incubo ogni sabato e domenica. I proprietari del mulino, presi totalmente di sorpresa dalle folle adoranti, o meglio, come si dice da noi pigghiati dai turchi della pubblicita' inaspettata dovettero di corsa finire di restaurare i due lati del mulino che avevano lasciato in rovina perche' per girare gli spot e creare il brand ne erano bastati solo due. Il resto e' probabilmente storia.
Dico probabilmente perche' non rimasi molto nella zona dopo questi fatti. La Toscana era sempre stata una cosa temporanea per me, i locali mi erano simpatici anche se a volte preda di nozioni strane, come la convinzione di avere inventato l'Italiano volgare, o l'idea che Siena (che e' grande come Paterno') fosse una citta'. Era ora di andare via dall'Italia, di seguire altre storie. Quod Fecit, come direbbe forse Arne Saknussem.

[Postata originariamente su /r/Italy]