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Tuesday, 8 October 2013

Coffee in Kibuye

I did not think I was going to find any decent coffee in Kibuye and I didn't. No surprises there: all coffee-producing countries in the region grow coffee as a cash crop - for sale - not for consumption. To find people who grow and drink coffee one has to go to Ethiopia. But then, coffee was invented there - there still is a district called Caffa and anyone who's been invited to a home coffee ceremony would know what coffee means for the Ethiopians.

No Ethiopians in Kibuye, so no coffee. I suppose I could have gone to the posh resort north of town for a cuppa, but I was driving the Corolla, I was only popping in town for five minutes, and I did not want to break the car on the horrible road to the resort. Besides, posh or not, they still make you wait one hour for coffee, so I decided not to. Instead I stopped at a place in the centre of town, where local and transient business people go for lunch. Of course it is a buffet.

The place is really an underground car park under a building, full of plastic chairs and tables. The buffet is the standard line-up: five kinds of carbohydrates (matoke, ugali, rice, chapatti and pasta), a pot of boiled meat and some sort of salad - largely made of cabbage. Yuck.

So I ignore the food - I have a couple of oranges and a few biscuits with me in the car - and ask for coffee. Even nescafe' would be OK after the drive from Kigali up and down the mountains to Kibuye. The young woman tells me there is no hot water left, they can't make coffee. I sigh and order a coke instead.

While I drink, stretch my legs under the table and watch the local fauna, the young woman comes back with a small thermos flask, the nescafe' tin, sugar and cup.
- I have hot water for coffee.
I am delighted, I thank her, and I proceed to brew a plastic coffee. So I pour the coffee granules and the sugar in the cup, open the flask and pour just a few drops into the mix so I can do a bit of whisking with the spoon, then open again the flask and pour the rest of the water.
I now have a cup of coffee, full and steaming. I am so happy.
I wait a bit for it to cool down, then I bring it to my lips...and I smell boiled meat.
Oh no. I open the flask again and sniff the water. Yes they did.

The young woman, eager to please the customer, finding herself without hot water, went into the kitchen where the cauldron with the boiling beef is, and filled the flask with it, for my coffee. What does she know about coffee? Boiling water is boiling water, never mind the pieces of beef in it. I taste the results - the beef-flavoured nescafe' - and I can't rightly say if it is better than normal nescafe' or not. I leave it on the table, pay, thank everyone and leave.

The drive back to Kigali is great fun on the empty roads of Sunday afternoon.

Sunday, 28 April 2013

Trasloco. Da Kigali a Kigali via Sidney...

E cosi, dopo sei settimane dalle dimissioni, e' arrivato il momento di lasciare questa casa/ufficio e di traslocare in un'altra casa/ufficio simile, quella dei miei nuovi datori di lavoro. Solo che questa ancora non c'e'. Quindi in albergo per qualche giorno, il vecchio Chez Lando, dove abitai l'anno scorso per qualche tempo, quando ero appena arrivato.

Certo che a posticipare sono bravissimo. Sto facendo le valige da ieri ma mi distraggo facilmente e c'e' ancora meta' della mia roba sul letto. Stanotte ho spostato tutto da un lato e ho dormito sulla meta' libera.

Devo pianificarle, queste valige. Prima due settimane di albergo, sia qui che a Gisenyi, sul lago Kivu, ad un tiro di sasso da Goma nel Congo. Giseny e' un posto sonnacchioso con qualche migliaio di abitanti all'ombra dei vulcani, mentre al di la' del confine Goma e' uno sprawl con un milione di persone e senza legge.

Il mese prossimo questi nuovi datori di lavoro mi vogliono per una decina di giorni in Kenia. Una riunione strategica interna all'organizzazione per discutere e definire la strategia contro il tracoma nei vari paesi in cui hanno progetti. 
Ci saranno Keniani, Etiopici, Ugandesi, Cinesi, Indiani, Vietnamiti e non so di dove altro, e naturalmente un gruppo nutrito di Australiani, visto che questa organizzazione per cui ora lavoro (in effetti da domani) e' basata a Sidney.

Chiaramente la riunione invece di farla in citta' hanno deciso di farla in qualche posto polveroso di provincia, sperduto nel nordovest del paese. Ci si arriva con un voletto interno fino ad una delle piste d'atterraggio sulla frontiera con il Sudan del Sud, quelle construite e mantenute per anni dalle Nazioni Unite per le operazioni nel Giuba e dintorni. Inutile dire che la prospettiva di rimanere bloccati per una settimana in qualche albergo di frontiera con le stesse trenta persone, forse qualche bar di quelli che hanno in quel paese dove il bancone del bar, il barista e le bottiglie sono completamente circondati da sbarre di ferro tipo galera e occorre fare la fila allo sportello...

Sopravviveremo.

Dopodiche' diventera' interessante: andro' a Londra per qualche giorno, poi in Sicilia a vedere gli amici per qualche altro giorno, e prima che me ne accorga il tempo sara' passato e sara' ora di andare in Australia a visitare questa organizzazione e imparare come funziona. Insomma, prima di tornare in Ruanda sara' la fine di giugno. L'idea di 30 ore di volo fino a Sidney non mi attira molto, ma sara' carino essere di nuovo in giro per qualche tempo. Sono rimasto bloccato in questo paese, carino ma backwater, per troppo tempo.

Quando finisco questa valigia, va'

Wednesday, 20 March 2013

Again

E' tutto il pomeriggio che provo a scrivere una lettera di dimissioni, e mi sta venendo difficile, essendo lettera formale, nascondere efficacemente la mia contentezza per non dover avere piu' a che fare con il mio capo. Questo tipo, peraltro simpatico, olandese, non capisce molto di come si lavori da queste parti, di cosa si fa e cosa non si fa, di come fare e sopratutto come non fare. Fulgido esempio di presuntuosa ignorantaggine, come diceva il Mirone, e' da un anno che tenta di dirmi come fare le cose che KT sta facendo qui. Ovviamente e' da altrettanto che KT lo ignora, visto che sara' anche il mio capo, ma non ne capisce. Quindi addio interminabili discussioni settimanali su skype per spiegargli tutto quello che sto facendo, persino i dettagli. Mai l'ho avuto un capo cosi', ed ora e' finita

Quando finisco questa lettera, va'. Gliela faro' trovare domattina nell'inbox. Nel pomeriggio ci sara' la riunione del consiglio di amministrazione, a Londra, alla quale dovro' skypare anche io. Ci sara' da rimanere seri...

Thursday, 9 August 2012

Ruandistan

Devo confessare che mai avrei pensato di finire in Ruanda. Non e' che sia passato moltissimo tempo (o almeno a me non sembra) da quando sul forum mi apostrofavano cinese e scrivevo storie da Shanghai, da Kashgar e dal Dovekazzostan, come memorabilmente disse una volta il Pinguino. Pero' quattro anni sono gia' passati, durante i quali sono successe tante cose, alcune delle quali sorprendentemente belle, di cui non vi diro' niente perche' non sono fatti vostri. Ruanda quindi.

Io di questo posto non sapevo quasi niente. Ero in Abissinia quando nel 1994 gli Hutu un bel giorno decisero di ammazzare i Tutsi i quali li avevano sempre comandati e passarono all'azione. Fu un massacro - almeno un milione di morti per strada e nelle case. Ci vollero quattro mesi perche' la comunita' internazionale facesse qualcosa per fermarli, ed ancora oggi se ne vedono le conseguenze. Il paese e' tranquillissimo, pacifico e molto ordinato. Pare d'essere in Veneto. Non scherzo: l'intera popolazione va in chiesa il sabato o la domenica, a secondo a che setta cristiana appartengono. Questa cosa, venendo dalla laica Cina e dalla ancora piu' laica Inghilterra (dove la religione e' una cosa che si fa la domenica in alternativa al giardinaggio o allo stadio) mi ha scioccato: il 100% delle persone che ho incontrato e conosciuto qui in Ruanda vanno in chiesa, credono in dio e non dubitano minimamente. I pastori sono star della radio e della televisione. Incredibile. Ma d'altronde questa gente deve fare qualcosa per sopportare e sopravvivere alla psicosi collettiva conseguenza dei fatti del 1994 - ufficialmente genocidio, e che essi chiamano 'jenoside'. L'intero paese ha una gigantesca scimmia sulla spalla: la coscienza di essersi ammazzati a vicenda in numeri biblici. Perche' poi, quando i Tutsi tornarono dopo essere scappati in Uganda ed in Congo, tornarono armati e si vendicarono anzicheno' su tutti gli Hutu che essi reputarono responsabili del massacro. Vi basti sapere questo: oggi, a distanza di quasi venti anni, non ci sono ne' cani ne' gatti in questo paese. Non scherzo. Da gennaio ad ora ho visto due (2) gatti e nessun cane. Questo perche', durante i mesi del sangue, quando tutti scapparono o furono ammazzati, i cani e i gatti diventarono grassi sui cadaveri. Quando fu ristabilito un poco di ordine, e si resero conto di quanto fossero pasciuti e lucidi gli animali domestici, dopo essere stati abbandonati per mesi, li ammazzarono tutti e non li sostituirono piu'. Un paese senza cani ne' gatti.
Well, non ci sono cacche per le strade. Le quali sono molto pulite, fra l'altro. Questa cittadina di collina che e' la capitale del Ruanda, Kigali, totale forse ottocentomila anime, e' pulitissima, ha bei parchi dove e' vietato camminare sull'erba (e ti multano se lo fai), e ha abolito l'uso delle buste di plastica nel 2008. Nei negozi ti danno le buste di carta marrone - deja vu a quando ero ragazzino in Italia.

Ops. E' entrato qualcuno. Poi continuo...  
 

Friday, 16 March 2012

Chiamatemi Mike Papa.

Quando ero in Etiopia, dove ho vissuto in molte case visti gli anni che ci sono stato, c'era sempre un omino che stava nel casotto vicino al cancello, e si occupava di aprire e chiudere, di annaffiare il giardino, e di fare la guardia di notte. Zabagná si chiama la guardia in amarico. Anche se l'omino si chiamava variamente Asfau, Bekkelé, Tìmrat. Nel casotto aveva la branda e la radio, ed era sempre avvolto nel suo sciàmma bianco di cotone, abito tradizionale dei montanari etiopi. Di notte sopra lo sciàmma si gettava il gabi, un largo tessuto di cotone bianco con un piccolo ricamo colorato all'orlo, ripiegato in quattro strati (o anche otto), a mò di cappa: piegato a triangolo, passato sulle spalle e sulla testa, il lato lungo passato davanti al petto e gettato sulla spalla opposta. Non solo caldissimo, ma anche bello a vedersi. E utile: il gabi, una volta aperto serve anche da coperta, copriletto, tenda, tappetino per fare l'amore...lo so, il mio mi ha seguito fin da allora ed è ancora con me.

...e in tutti quegli anni non è mai capitato che ci sia stato bisogno dei servizi di guardia dello zabagnà. Contro i ladri dico. Mai entrato nessuno. Certo, c'erano anche i cani, sopratutto una figlia di Shelly, il canazzo bianco di cui dicevo prima. Questa era uguale a Snoopy dei Peanuts - bianca e nera, pelo lungo con frangia sugli occhi come il pastore dei cartoni animati, intelligentissima. Snoopy era la mia cane, ed è vissuta con me fino a quando sono rimasto in quel paese.
Dove sono ora invece, in Ruanda, è tutto molto diverso. Non è necessariamente un male. Visto che sono qua da poche settimane, dopo essere passato dall'hotel alla casa/ufficio che ho preso per conto della gente per cui lavoro, non ho pensato subito a prendere una guardia - che qui si chiama zabu - sopratutto perchè non c'era niente da rubare. La casa è grande ma è anche vuota. Solo qui in camera mia c'è il letto con zanzariera, un tavolo per il computer, una sedia, e il cestino (bello, comprato per strada) per la lavanderia. Di là, nella parte dedicata ad ufficio c'è una scrivania con sedia da ufficio, uno scaffale, e un mobiletto per tenere la stampante. Ancora poco, anche se più un là ci saranno altre cose. Sulla scrivania ci avevo messo il laptop nuovo dell'organizzazione che mi avevano dato prima di partire. Non che l'abbia usato molto: sono talmente abituato a quello mio che ho da sempre - questo, veterano della Cina - che l'altro l'ho usato poco e niente. Anche perchè è politica della compagnia di guardarti nel laptop a distanza - da Oxford addirittura - ed è scritto chiaro nella documentazione che nessuno deve presumere alcuna forma di privacy usando il computer di lavoro - ovviamente la gente passa troppo tempo su facebook...

Insomma, questo laptop era sulla scrivania l'altra notte. A circa un metro mezzo dalla finestra che dà sul giardino davanti casa, che avevo lasciata aperta, come sempre. Tanto ci sono sempre 25 gradi. Però...ci sono le sbarre di ferro a tutte le finestre, e la retina metallica per tenere gli insetti fuori. Come a tutte le finestre. Quindi io ero tranquillo a casa da solo.

Verso le tre del mattino un crash dall'altra stanza mi sveglia. Rumori. Mi alzo e vado a vedere. Appena entro di là vedo che in casa non c'è nessuno, ma fuori si. Qualcuno alla finestra con un lungo bastone di legno infilato fra le sbarre, la retina metallica tirata via. Alla fine del bastone (come risulterà dopo) c'è appesa una busta di plastica, e con una scopa maneggiata con l'altra mano il tipo ha spinto il laptop fino al bordo del tavolo e l'ha fatto cadere nella busta. Dopodiche' si è tirato il bastone fino alle sbarre, ha preso il laptop con le mani e l'ha fatto scivolare fra le sbarre. Qui è stato quando mi ha svegliato, perchè il mouse che era attaccato al computer, rimasto fuori dalla busta è caduto per terra andando in mille pezzi e svegliandomi.

Insomma, sono arrivato un attimo troppo tardi. Il tempo che mi sono reso conto e sono arrivato alla finestra il tipo era giá girato di spalle, bastone e scopa abbandonati, laptop stretto al petto, e stava correndo verso il muro di cinta per scavalcarlo e fuggire nel buio. L'ho intravisto da dietro, poco più di un'ombra. Troppo tardi.

L'indomani polizia, denuncia e così via. Scrivo al quartier generale dell'organizzazione per far loro avere la denuncia così che possano fare la trafila con l'assicurazione, e loro mi dicono di fare subito un contratto con una compagnia di vigilanza. OK.

Qui a Kigali ce n'è più di una. Ambasciate, ditte e privati vari hanno tutti il cartello appeso al cancello che avverte che la proprietà è guardata da questa o da quella ditta. Scrivo un'email a quella che mi piace di più - giudicando dal sito web - e quelli mi rispondono in dieci minuti. Dopo un'ora viene un rappresentante a vedere la proprietà e a farmi un preventivo. Discutiamo - offrono sorveglianza 24 ore al giorno in due turni di dodici ore ad un prezzo ragionevole. Accetto e lo stesso pomeriggio vado a firmare il contratto. La loro sede è vicina, fuori hanno un plotone di nuove guardie che fanno esercizi sotto gli ordini di un ex-sergente dell'esercito. Si presentano bene: scarponi lucidi, pantaloni rimboccati negli stivali, camicia blu, berretto con lo stemma. Manganello e radio. Niente armi da fuoco, solo la polizia può portarle. Mi mostrano la centrale operativa, mi danno istruzioni e numeri da chiamare. Firmo. Pagamento dopo il primo mese di servizio.

La sera stessa il supervisore di zona della compagnia arriva con la mia guardia. Si chiama Yannick. Si mette sull'attenti e mi fa un saluto da soldato. Riposo, riposo. Gli indico dove può stare sulla veranda fino a quando una garitta vicino al cancello sarà completata, gli faccio vedere le luci esterne e il cesso esterno che c'è dietro la casa. Tutti contenti. Il supervisore chiama la centrale operativa al telefonino e in Kyniarwanda blatera qualcosa sulla guardia ora operativa nella nuova locazione 'mike papa'. Capisco solo 'mike papa'. Lo guardo e gli chiedo: 'Mike papa sono io, vero?' Quello spalanca gli occhi, poi ride, e conferma. Lo saluto, e tanti saluti e sono.

Ora siamo tutti piú tranquilli. Il collega di Yannick è qui fuori che si guarda le luci di Kigali e mi sente battere sui tasti (le finestre sono sempre aperte, anche se ci sono le tende tirate), io scrivo, e la garitta è quasi pronta, la faranno blu, come le camicie dell'uniforme di KK Security.

Ma io ho una nostalgia dello zabagnà avvolto nel gabi...