Wednesday 4 February 2009

archivio (44) La monaca portasfortuna

"E' tradizione. Il re di Ismailia ed i nobili usavano tenere grandi bachetti per i loro seguaci, e c'era un protocollo: Il re e la sua famiglia mangiavano per primi dai grandi vassoi di portata, poi i nobili e la corte, i maggiorenti, i loro servi e cosi' via...quello che avanzava nei vassoi veniva portato alla fine fuori e dato ai mendicanti. Le suore, ma anche i padri non fanno altro che perpetuare la tradizione"
Ci dirigiamo fuori di citta'. C'e' un posto di blocco. Soldati Ismailiti con fucili automatici russi a tracolla, una sbarra di legno messa di traverso in mezzo alla strada. Pietro rallenta, si ferma, si sporge dal finestrino. 

[traduttore automatico=on]
"Ehi Sergente! Dio ti guardi. Andiamo a Bendia"
"Straniero! che macchina carica che hai! Fammi vedere."
Il tipo gira attorno alla macchina, appoggia il naso ai vetri per guardare dentro.
"A cosa ti serve il filo spinato?"
"Per non fare entrare le vacche nel vivaio"
"Ah! Ma e' tardi per andare ora, fra poco sara' buio"
"Vuoi una Marlboro, sergente?"
"Ah! sigarette americane!"
[traduttore=off]

I soldati si affollano attorno al finestrino per partecipare alla distribuzione. Pietro lascia il pacchetto al sergente. La sbarra si alza, andiamo.

Il convento dei frati e' fuori citta'. Una traversa sterrata conduce ad un altro muro. Stessa scena, ma questa volta invece di aprire il cancello, l'ometto di turno esce con in mano il sacchettino della posta e lo da' a Pietro.
"Sembra che non ci sia nessuno" dico.
"Ci sono, ci sono. Sono a cena"
Al volontario friulano si illuminano gli occhi.
"Le cene dei padri! Una volta ebbi occasione di cenare qui: antipasti, pasta, due secondi, pane caldo, vino del mio paese..."
"Il vino del tuo paese lo mandano qui perche' nessuno lo vuole. Taci"
"Non ti permettere terun! Il vino friulano..."
Per i successivi quindici minuti c'e' l'inferno in macchina.

La strada e' asfaltata, e si snoda sull'altopiano verso ovest. Sterminati campi di sorgo rosso si stendono fino all'orizzonte. Di fronte, la linea blu di un gradino piu' alto dell'altopiano si scurisce mentre il sole gli si nasconde dietro.
La macchina sbanda, sculetta. 
"Abbiamo bucato"
Ci fermiamo a cambiare la gomma. I ragazzi sono esperti, si vede che succede spesso. Uno tira fuori la chiave a croce e allenta i bulloni, l'altro infila il martinetto idraulico sotto l'asse e in pochi minuti il lavoro e' fatto.
Seguo Pietro, che si e' allontanato per pisciare. Ma io lo conosco...lo raggiungo e mi passa la canna. Mentre respiro il fumo resinoso e aromatico mi dice:
"te lo avevo detto che Suor Clara porta sfortuna"
"'O caca, scemo"
"Ah si? e com'e' che abbiamo bucato la gomma posteriore sinistra, giusto sotto di lei? la gomma e' nuova..."
Ripartiamo. Fino a questo momento la strada era deserta. Capanne di fango e paglia si intravedono in lontananza, perse fra i campi. Improvvisamente Pietro bestemmia (poi si gira e guarda la suora con espressione contrita), sterza, frena e si butta fuori strada. Non faccio in tempo a chiedere che dalla curva di fronte a noi, come un mostro preistorico esce un gigantesco autoarticolato largo quanto la carreggiata, scarico. Con un rombo ed una nuvola di polvere ci passa accanto e scompare verso la citta. Stiamo fermi.
"Se ce n'e' uno ce ne saranno altri"
Infatti. Almeno quindici, in convoglio, ci passano accanto senza rallentare, facendo tremare il LandRover con lo spostamento d'aria (avete presente il LandRover? ci vuole un po' a farlo tremare...).
"Il convoglio settimanale aiuti alimentari che torna dal Ghimbi"
"Dicci di questi aiuti alimentari"
"Nella regione del Ghimbi combattono da dieci anni, il governo contro i ribelli marxisti i quali vogliono l'indipendenza..."
"scusa, aspetta, ma non e' marxista il governo?"
"Si ma non c'entra, capisci, qui il criterio fondamentale non e' l'ideologia ma il gruppo etnico: i Ghimbini sono diversi dagli Amendi che sono al potere in Ismailia, e vogliono l'indipendenza. I sovietici armano il governo e l'occidente arma i Ghimbini"
"Ma non hai appena detto che i marxisti sono i Ghimbini?"
"Si ma non e' rilevante: combattono il governo filo-sovietico marxista, quindi per l'occidente va bene"
"E gli aiuti? quelli erano camion del governo, no?"
"Gli aiuti glieli diamo noi al governo"
"Noi chi?"
"Noi...l'occidente, l'America, l'Italia, la CEE..."
"Cioe' le armi no ma gli aiuti alimentari si"
"Esatto. E loro usano una parte degli aiuti alimentari per nutrire l'esercito, ed il resto per nutrire le popolazioni del Ghimbi"
"??..ma non sono i loro nemici?"
"Ah, ma sai com'e'con la guerriglia: come per i partigiani, se la popolazione locale non ti appoggia non duri niente..quindi il governo ha spostato centinaia di migliaia di persone dalle montagne del Ghimbi giu' in pianura col pretesto di facilitare la distribuzione del cibo, in realta' per togliere il supporto popolare ai ribelli". 
"E noi -l'occidente cioe' - non facciamo niente?"
"E cosa dovremmo fare? sono cazzi interni degli Ismaeliti...naturalmente tutta questa gente che hanno spostato vivevano tutti di agricoltura, una volta allontanati dai loro campi non hanno piu'niente, e quel che e' peggio il raccolto abbandonato e' andato perso..."
"Quindi tu stai dicendo che noi stiamo aiutando il governo a nutrire gente che essi stessi hanno affamato..."
"Bravo KT! si vede che frequentare mia sorella ti fa bene..."
Anna dice:
"Cosa c'entra Don Baldo e voi in tutto questo?"
"Ah, noi non siamo direttamente coinvolti nella distribuzione degli aiuti alimentari...noi facciamo progetti di sviluppo agricoli a lungo termine, per esempio il mio vivaio per la riforestazione...domani vi ci portero'..."

Il sole lentamente svanisce dietro l'altipiano, il cielo scurisce. Passiamo da due paesini tipo West, due file di baracche di legno e fango con tetti fatti di ferro ondulato ai due lati della strada. Uomini e donne avvolti in coperte di cotone bianco stanno seduti su sggiole di paglia lungo la strada. Lampadine nude appese dentro le baracche mandano una fioca luce, abbastanza da rendere l'oscurita' tetra. In entrambi i paesini ci fermiamo alla missione, facilmente riconoscibile per la chiesetta accanto e per essere costruita in muratura. Pietro da' le lettere delle suore allo zabagná, il guardiano notturno, anch'esso avvolto in strati di cotone bianco, con bastone e lampada, e proseguiamo.

Dieci minuti prima di arrivare a Bendia, ormai notte fonda, buchiamo di nuovo. Stessa ruota, quella sotto sorella Clara.
"Ora capisco perche' vai in giro con due ruote di scorta sul tetto" dico a Pietro mentre alziamo la macchina.
"Speriamo bene, manca poco ormai."
La strada e' buia, non c'e' illuminazione. Un paio di fioche luci lontane indicano l'esistenza di case, ma a parte queste e'notte. Notte africana, notte di montagna. 
Alzo la testa, guardo il cielo sereno. Indescrivibile, milioni di stelle sul velluto nero della notte. Mi perdo a contemplarle...
"Stringi!!
"Scusa...guardavo il cielo"
"Bello vero? non ci si abitua mai..."
Ripartiamo e dopo pochi minuti arriviamo a Bendía. Non si vede niente, giriamo in una traversa, rombando fra le case, e quando arriviamo davanti ad un cancellaccio di ferro questo si sta gia' aprendo. Entriamo, parcheggiamo, Pietro spegne il motore. Il silenzio e' squarciato dall'abbaiare dei cani, compreso un cosaccio nero incatenato ad un albero vicino alla porta d'ingresso.
Una baracca di legno, quattro stanze e un soggiorno, una cucina. 
Pietro organizza: Anna, vai a sederti. I bagagli li porta dentro lo zabagná. KT aiuta Giancarlo a riparare le ruote, ci servono domani mattina, Giuseppe vai a vedere cosa c'e' da mangiare, io vado a controllare i cavalli" 

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