Wednesday 4 February 2009

archivio (43) Il bugiardo II

(Il bugiardo - 2)
Facciamo passare un altro mese, giusto il tempo per organizzarmi le ferie e per vedere se Pietro si fa sentire. Niente. Un pomeriggio vado a casa di Pietro. Sua sorella, chiamiamola Anna, mi dice:
"Telefoniamo a Don Baldo, vediamo se ci puo' facilitare il viaggio"
Chiamo io.
"Pronto, organizzazione di volontariato cattolica X"
"Buongiorno, mi chiamo KT, sono un amico di Pietro, volontario con voi in Ismailia. Potrei parlare con Don Baldo per favore?"
"Pronto!"
"Don Baldo, buongiorno. Sono un amico di Pietro e vorrei approfittare delle vacanze per andare a trovarlo"
"Ah. E cosa vuoi da noi?"
"Mah, non so. Pensavo che magari potreste indicarmi il modo migliore per raggiungere il villaggio di Pietro una volta che saro' arrivato in Ismailia, non so, facilitare la visita in qualche modo"
"Ma caro ragazzo, sei sicuro? Sai c'e' la guerra laggiu', non e' opportuno viaggiare per turismo"
"Don Baldo, mi prenderei ogni responsabilita', coprirei i miei costi, non vorrei certo pesare sull'organizzazione..."
"Mi dispiace tanto, ma te lo sconsiglio. Non posso certamente prendere questa responsabilita'"
"Oh. Va bene lo stesso, grazie Don Baldo"
"Prego" click.

Alzo gli occhi dall'apparecchio. Anna mi sta guardando.
"Hai sentito?"
"Ho capito"
Neanche un minuto e suona il telefono. E' Don Baldo.
"La sorella di Pietro? Piacere, signorina. Senta mi ha chiamato un certo KT, dice di essere amico di Pietro e che vorrebbe andare a trovarlo"
"Si, sono al corrente. Ha detto a mia madre che vi avrebbe chiamato per informarsi"
"Signorina, deve dissuaderlo dall'andarci. Pietro e' al sicuro, Dio protegge i miei ragazzi, ma le strade sono pericolose, la guerra civile, la carestia, i banditi...conto su di lei"
"Certo, certo, Don Baldo. Senz'altro. Parlero' a KT"

Facciamo i biglietti per Ismailia lo stesso giorno. La sera stessa prendo un giorno di ferie, intasco i nostri passaporti, inforco la mia Guzzi California II nera e cromo e mi fiondo a Roma per i visti d'ingresso. Ottocento chilometri, sette ore. La mattina dopo al consolato sono deliziati. Non molti turisti vanno a Ismailia. I visti sono pronti in giornata. L'autostrada del sole e' un nastro dei Rolling Stones che si srotola sotto di me. 

Dopo una settimana partiamo, senza potere avvertire Pietro.
Atterriamo nella capitale di Ismailia di prima mattina. Sull'aereo un gruppo di ingegneri yugoslavi, due suore e molti Ismailiti.

[nota] Ismailia esiste solo in letteratura, nei libri di Evelyn Waugh. Ma la nazione esiste davvero. Ho cambiato i nomi ai posti, alle persone e mischiero' qualche data per non correre il rischio che alcuno venga riconosciuto: molti che nominero' sono ancora li [fine nota]

Nessuno ci aspetta, nessuno ci conosce. Anna e' alta quanto me, bionda grano con gli occhi azzurri. Siciliana purissima come tutta la sua famiglia da novecento anni. Normanni, arrivati in Sicilia con Ruggero d'Altavilla nel 1100 per buttare fuori gli Arabi. Pietro e' uguale a lei.
Ma non siamo del tutto impreparati: ho con me un libro. Guida all'Africa Orientale Italiana Edito dal Touring Club, 1938. Certo, qualche cosa sara' cambiata, penso, ma non tutto. Siamo in Africa. Inoltre, non esistono guide recenti per Ismailia. Il paese e' sotto dittatura militare da quindici anni, Il Partito Dei Lavoratori Ismailiti controlla tutto. L'aeroporto e' tappezzato di murales in stile messicano inneggianti alla lotta del proletariato contro il capitalismo, ritratti di Lenin e Marx ovunque. Mi avvicino ad uno. Dipinto crudemente su un pezzo di ferro, copia del ritratto con barbona familiare a tutti noi (cioe', quasi tutti noi...) Il vecchio Karl e' stranamente giallo in faccia, sembra che abbia l'epatite.....evidentemente fare la pelle bianca deve essere venuto difficile all'artista Usciamo dall'aeroporto, troviamo un taxi. Ci facciamo portare in un alberghetto amico suo. Povero e spoglio, ma pulito, come del resto si rivelera' tutto il paese.
L'indomani andiamo all'ambasciata. La signorina del consolato e' italiana, parla con accento toscano, ma in faccia e' africana. Le spieghiamo dove vogliamo andare e perche'. 
"Ah, ma non c'e' bisogno. Pietro e gli altri volontari cattolici (con Anna ci scambiamo un'occhiata: 'cattolici'?) scendono in citta' ogni quattro settimane per prendere il gas e le provviste. Dovrebbero arrivare fra due giorni. Di solito stanno all'hotel di Joseph".
Ringraziamo, ci spostiamo da Joseph. C'e' un bar con la macchina espresso del 1960, tutta cromata, stanze pulite e personale gentile. Tutti ci guardano tutto il tempo, siamo gli unici stranieri in giro....e abbiamo preso due stanze separate. Gli dobbiamo sembrare strani per forza...

Venerdi' sera siamo seduti al bar, bevendo acqua minerale. Aspettiamo. Siamo in un angolo buio. Poca gente, Ismaeliti a gruppetti di due o tre e qualche consigliere militare sovietico bevono Johnnie Walker etichetta rossa. Si aprono le porte ed entrano tre bianchi, scarponi impolverati, fazzoletti al collo e giubbotti di pelle. Ismailia e' paese di montagna, di notte fa fresco. Uno loro e' Pietro. Non si guarda neanche intorno, va direttamente al banco, gira da dietro, da' uno scappellotto amichevole al barista che sorride, e in italiano dice:
"spostati tu, che il caffe' non lo sai fare!"
E procede a farsi il caffe' da solo.
Anna accanto a me alza la voce e dice:
"Garcooon, due caffe' ristretti per favore"
Pietro sembra colpito da una fucilata. Barcolla, diventa immobile. Si gira verso la voce. Sua sorella si alza, gli va incontro, con me dietro.
Vi risparmio gli abbracci e i baci e tutto.
Piu' tardi siamo seduti tutti in una camera, parliamo. Quasi un anno da raccontarci.
"Don Baldo e' uno stronzo" dice Pietro. Gli altri due volontari, un friulano uguale sputato a Giancarlo Giannini e un torinese nuovo arrivato poche settimane prima di noi annuiscono in silenzio.
"Prende un sacco di soldi dal governo per fare progetti di sviluppo e a noi ci arrivera' forse la meta'"
"Ma la posta?"
"Quale posta?" urla Pietro. Io SCRIVO OGNI MESE E VOI STRONZI NON MI RISPONDETE MAI!
Sua sorella lo guarda fisso, senza parlare. Lui si calma di colpo.
"Guarda che non avevamo notizie da mesi. Perche' pensi che siamo venuti?"
Pietro ci pensa su, si rabbuia in volto.
"Quel maledetto"
"Cosa?"
"Su al paese non c'e' l'ufficio postale. Le lettere le diamo ai frati della missione nel paese vicino per postarle qui in citta'. Loro si possono muovere, non come noi che siamo confinati".
"E allora la guerra, i banditi..."
"Ma quale guerra! la guerra e' a quattro giorni di macchina da qui, e non ne sappiamo niente, non l'abbiamo mai vista"
Rinunciamo a capire, tiriamo tardi parlando di amici e di casa. L'indomani ci sara' da andare in giro a fare spese.

Passiamo il sabato a comprare rotoli di filo spinato per proteggere la riforestazione dalle vacche. Giriamo con una vecchia Land Rover bianca e blu dell'organizzazione. Sul cofano, dipinto a mano, un asso di bastoni delle carte napoletane.
"Molto cattolico, l'asso di mazze" dico.
"Ah, era gia' cosi' quando ce l'hanno data. Il disegno l'ha fatto uno che era qui due anni fa" 
Poi le bombole del gas, cibo, altre provviste. 
Quando abbiamo tutto Pietro dice:
"Adesso la posta"
Andiamo prima dalle suore. Stanno su in collina. Un alto muro protegge e ripara. Pietro si ferma davanti al cancello, suona. Un ometto si affaccia alla porticina, guarda, sparisce di nuovo. Il cancello si apre lentamente. Pietro ingrana la marcia e si avventa sul vialetto. Anna, seduta davanti, dice:
"Guarda che roba"
Il giardino ai due lati del vialetto e' un immenso rosaio. Rose rosse, gialle e bianche dal lungo stelo. Ismailiti si aggirano fra i filari, prunano, annaffiano, giardineggiano.
Parcheggiamo davanti all'ingresso della villa. Pietro si volta e mi dice:
"Fai parlare me e non contraddirmi"
Gli strizzo l'occhio.
Una suora bianca col velo celeste si affaccia sorridente.
"Pietro! buongiorno! Venite, venite, il caffe' e' pronto"
Scendiamo, ci guardiamo attorno. Che pace. decine di uccelli svolazzano fra le rose e gli alberi del giardino, non si sente la strada. 
Presentazioni.
"Sorella Gentilina, questa e' mia sorella...mio cugino...il nostro nuovo volontario Giancarlo"
"Venite, entrate, il caffe' e' pronto"
Entriamo. Parquet lucidissimo a terra, arredamento semplice e moderno, un lungo corridoio ci porta fino ad un largo soggiorno, poltrone e divanetti di pelle anni sessanta come nuovi, tavolini di legno pregiato. Ai muri, marie e san giuseppi.
Arrivano altre due suore, tutte italiane. Sono qui da anni ed anni, hanno cliniche e scuole sparse per il paese, questa e' la 'casa' principale. La superiora non c'e', e' in giro. Ma Suor Gentilina ha in mano la situazione. Una serva Ismailita porta il vassoio col caffe, un'altra scatole di biscotti. Tazzine di porcellana, cucchiaini da servizio, il caffe' fa schifo, pare acqua dei piatti. Beviamo lo stesso, anche se Anna ha la faccia di quella che sta per sentirsi male.
'Suor Gentilina, non possiamo trattenerci, dobbiamo ancora passare dai Padri"
"Pietro, c'e' suor Clara che deve andare su al villaggio. Glielo dareste un passaggio?"
Pietro annuisce, sorride. Immediatamente un fruscio di attivita': chi corre di qui e chi corre di la'. Siamo soli per qualche minuto.
Pietro ha i denti stretti.
"Ma sucaminchiadieva" 
"Cosa? il posto in macchina l'abbiamo"
"Suor Clara porta sfortuna"
"Ma dai"
"Porta sfortuna ti dico! lo sanno tutti!"
Suor Clara e' poco piu' di una novizia, Ismailita. Piccola, minuta, si siede nell'angolo dietro della macchina, rosario in mano e mantello sull'abito. Non dice niente.
Prima di andarcene Suor Gentilina da' a Pietro due pacchetti di lettere legate con lo spago.
"Per le missioni di Barro e Waka, ti vengono per strada"
"Suor Gentilina, sa che molte delle nostre lettere che avevamo dato ai Padri non sono mai arrivate?"
Lei alza lo sguardo al di sopra degli occhiali, occhi di ghiaccio. Pietro le si avvicina.
"Lettere tue?" Pietro annuisce.
"Tu lo sai, vero, che Don Baldo contribuisce alle spese della missione dei Padri"
"Ah. Non lo sapevo. Grazie".
"Buon viaggio, Pietro. E' stato un piacere conoscere tua sorella e vostro cugino
Come al solito. Pensano di avere capito, e sbagliano lo stesso. Ma cos'e', non si puo' essere amici con una donna?
Andiamo. Pietro si avventa giu' per il vialetto, il cancello fa appena in tempo ad aprirsi, siamo per strada rombando. Fuori, lungo i muri, fra i cespugli, un sacco di gente. Poveri, vestiti di stracci, bambini cenciosi al collo, amputati in stampelle di legno senza protesi, tutti seduti all'ombra.
"Cosa fanno qui questa gente?"
"Le suore distribuiscono gli avanzi del pranzo il sabato e la domenica.Questa e' la fila"
"Gli avanzi del pranzo?"

(continua)

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