Wednesday 4 February 2009

archivio (39) Il villaggio

E' presto per bere, forse e' presto per suonare. Ma qui a oriente del sole la notte e' gia' con me, e con essa la nostalgia. Per non pensarci scribacchio delle mie cose, e le offro qui e li'. Sedetevi, e ascoltate se volete.

La casa mi piace. A forma di U, aperta sul cortile, fatta di tronchi e tavole di legno spesso, vecchio. Due piani: sotto la camera per mangiare, la cucina, la legnaia. In un angolo del cortile la pompa a mano che tira su l'acqua, un canaletto fatto di latta la travasa in un catino pieno di sabbia per filtrarla, da dove sgocciola su un altro catino con dentro una tazza per prenderla. Da un lato c'e' la scala esterna che porta al primo piano: qui al centro della casa c'e' uno spazio per sedersi e ricevere gli ospiti, tutt'intorno e lungo le ali della casa porte di legno segnano le camere da letto. Sopra, piu' in alto, a coprire tutto, il disotto del tetto, familiare: tronchi spioventi e tegole di terracotta, corte e scure. La brillantezza del sole rimane fuori, dentro c'e' fresco e penombra.

Nella camera per mangiare c'e' un tavolo basso, panche, sedie basse di legno e paglia. Ai muri vecchi cappelli di paglia a cono, attrezzi da contadino. In fondo alla stanza il televisore col DVD, che ho scoperto in questo villaggio hanno tutti. 52 famiglie, una quarantina di case come questa, e fra di esse viottoli di terra, galline con pulcini al seguito, l'occasonale pozza di fango recintata con dentro i maiali. Sotto un albero due bufali d'acqua se ne stanno all'ombra. Piu' in la, a qualche centinaio di metri, nascosto da macchie di bambu' e dall'argine erboso, si sente il fiume, anzi il grande fiume, come lo chiamano loro. 

E' da due giorni che sono qui, ospite di questa famiglia: due fratelli, le loro mogli, figli, nuore e nipoti. Il villaggio e' perso al centro di una valle piatta e verde, orizzonti chiusi da montagne coperte di foresta. Non avevano mai visto uno straniero se non in televisione, e da quando sono arrivato mi osservano e mi studiano come io osservo loro. Non c'e' voluto molto a rompere il ghiaccio: mangiare il loro cibo, bere il loro vino di riso, raccontare di mio zio contadino e io piccolo che portavo le mucche al pascolo la domenica. E ridere dei loro commenti divertiti sulla misura del mio naso - mai visto un naso cosi', dice il nonno dalla sua sedia, e tutti annuiscono. I bambini piccoli non mi si avvicinano nemmeno con la promessa di una caramella, ma spiano da dietro gli angoli, incuriositi, mentre gli adulti mi fanno domande. Tutti fumiamo il loro tabacco dolce, arrotolato in cartine di carta di riso. Gli e' piaciuta molto, agli uomini, questa cosa che so arrotolare una sigaretta: pensavano che gli stranieri fumassero solo sigarette costose, come si vede in tv. 

Ieri sera dopo cena un acquazzone ha fermato la polvere, e sulla terra fresca le donne del villaggio hanno indossato i loro costumi - gonna lunga nera ricamata d'oro e rosso all'orlo, corsetto rosa a maniche lunche con tre lacci di seta nera a chiuderlo, turbante stilizzato fatto con due giri di cotone bianco e rosa attorno ai capelli alzati - e hanno danzato a lungo attorno ad un tamburo, un gong e un paio di piatti. Musica semplice, ritmo ripetitivo leggermente sincopato: le due file di donne, passi lenti, movimento sinuosi di busto e braccia, simili ma sempre un po' diversi. Xie traduce per me, e traducendo mi dice anche quello che lei pensa. Gli uomini di questo villaggio sono pigri: non suonano, non danzano, non hanno nemmeno i costumi. Le donne sono orgogliose della loro tradizione, e approfittano del tuo arrivo per mettere su lo spettacolo. Ma non montarti la testa: lo fanno perche' si divertono.
Non mi monto la testa. Fosse la prima volta che mi trovo in un villaggio come questo. E' solo la prima volta in questo angolo di mondo. Ma Xie ('Scì') e' cinese, mentre coloro che ci ospitano, sebbene vivano in Cina da settecento anni (da quando cioe' i Cinesi arrivarono in questa valle) sono Dai. I villaggi cinesi non hanno di solito tradizioni di danza popolare femminile. Non perche' non piacesse al Partito, ma perche', fin da molto prima, alle bambine rovinavano i piedi fasciandoli. 

Pero' sono distratto: sara' la luce fioca della singola lampadina appesa al centro della piazzetta, sara' la musica ripetitiva....

...no, non e' quello. E' che prima di uscire dalla casa per venire a vedere la danza ho visto gli uomini confabulare, ed uno di essi ha tirato fuori la pipa ad acqua, e l'ha messa sul tavolino fra le panche e le sedie, al piano di sopra. Nonostante sia illegale, i Dai ancora oggi fumano l'oppio, e stanotte me lo offriranno. L'oppio! non credevo mi sarebbe mai capitato!

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