Un amica recentemente mi sciveva ti immagino sul mekong, seduto a gambe incrociate in una canoa, in maniche di camicia arrotolate, il fucile sulle gionocchia... Quasi giusto. A parte il fucile, che e' una cosa solo da Africa ormai. Ma qui e ora sono in citta', e che citta'. Quando ho finito di lavorare - da solo, in camera d'albergo - erano ormai le nove e mezza di sera. Non sono qui da solo: ci sono colleghi nello stesso albergo. Ma americani, australiani, indiani, inglesi e cinesi di Hong Kong hanno tutti una cosa in comune, culturalmente angli che non sono altri: cenano alle sette di sera. Spesso lo faccio anche io, per non essere antisocial, ma oggi proprio non ne avevo voglia. Quindi ho saltato il pranzo, e solo quando ho finito tutto quello che dovevo fare sono uscito. Saigon e' come Hanoi ma piu' americana. Sempre il fiume di motorini c'e' per strada. Sul marciapiede ho alzato una mano e si e' fermato un VinaTaxi. Gli ho dato il bigliettino del Pacharan e mi ci sono fatto riportare. Venti minuti forse, traffico ormai leggero, tre euro - cosi' sono i taxi in quasi tutto il mondo: moltissimi, disponibili, e non cari. Ma lasciamo perdere i pippotti...sono arrivato che erano le dieci, e sceso dal taxi mi sono trovato davanti la porta del night club accanto, e il fila sulla porta cinque zoccole in minigonna, ovviamente messe li' per attirare il pubblico...meno male che avevo troppa fame, ergo le ho ignorate. Il ristorante e' la porta accanto. Ignoro le zoccole ed entro nel ristorante spagnolo di Saigon. E' su tre piani, ad angolo in una piazza. Sotto il bar, sopra il ristorante vero e proprio (con un altro bar), e piu' sopra ancora terrazza. Pareti bianche, archi che ricordano l'Alhambra, echi di al-andalus. O sono io che dalla fame vaneggio, piu' probabile. Una ragazza mi accompagna al primo piano.
- sei solo?
- si
- siediti qui, vedi la piazza e puoi fumare
- e tu come lo sai che fumo?
- hai fumato l'altra sera quando eri qui col tuo collega
(sorridendo alla mia faccia incredula - non me la ricordo assolutamente e sono venuto solo una volta prima)
- vuoi lo stesso vino?
(recuperando, maschera da KT su)
- si grazie
Se ne va, vestita da Viet Cong in pigiama nero, sottile e flessuosa. Appoggio le sigarette sul tavolo, il portacenere c'e' gia'. Torna in dieci secondi con il menu'. Visto che sono gia' le dieci non voglio fare perdere tempo alla cucina, ordino subito. Una ciotola di olive cunzate (condite con olio, peperoncino, pezzi di cetriolini ed altre cose yummy), insalata di erba verde scura con su adagiate due fettone di meraviglioso, fantastico, orgasmevole queso de cabra, a cui si dovrebbe elevare un'ode. Poi stufato di puerco con ceci e altre cose buone. La ragazza sparisce di nuovo.
Guardo la piazza. Sotto la finestra - che non e' una finestra, e' una vetrina, come quelle dei negozi, solo che invece di guardar dentro si guarda fuori - c'e' un semaforo, dozzine di motorini fermi al rosso. Mi hanno detto che a dicembre scorso hanno introdotto la legge sul casco, ed infatti tutti ne hanno uno: coloratissimi, a fiori, a forma di coccinella a pois, rosa, azzurri, gialli. Un bimbo, in piedi davanti al padre che guida, ne ha uno con un bellissimo paio di corna da diavoletto. Luminose, rosse. Penso che sia una figata. Al centro della piazza taxi parcheggiati - a Saigon i taxi sono di tutti i colori e forme, dall'altro lato della piazza i quattro piani in stile francese del Grand Hyatt, anche lui bianco.
La ragazza torna col vino. Semplice Vina Sol Torres, bianco. Nei paesi tropicali non ce la faccio a bere il rosso - troppo caldo. Mi mette anche il secchiello col ghiaccio per tenerlo fresco. Poi arrivano il pane e le olive, una baguette a fette calda calda. Mmmm.... fra me e me mugolo di piacere olfattivo e gustativo. Mangio, e bevo. Penso alla giornata e al Vietnam a come mi piacerebbe vivere qui, fra questa gente che al contrario dei cinesi con faccia torva o inscrutabile, sorride sempre. Poi arriva l'insalata (mi sono abituato a questa cosa che l'insalata la mangiano prima della pietanza). Il queso di cabra e' rustico come deve esserlo marieddu, e profumato come deve esserlo chi gli sta dietro. Al sapore e' come una crema densa con sentori di miele ma allo stesso tempo tagliente...non le so descrivere queste cose, ci vorrebbe la veronellite, che non ho. Col pane raccolgo l'olio - vero - e lentamente mi sento meglio. Al bancone del bar, dall'altro lato della sala, oltre gli archi, quattro turisti australiani vestiti da turisti - pantaloncini, magliette, sandali - bevono e si fanno fotografie con in testa i cappelli di paglia a forma di cono tradizionali, che devono avere comprato come souvenir. Li ignoro.
La ragazza Viet Cong appare dal niente ogni volta che il bicchiere e' vuoto, non dice niente, lo riempie, e sparisce. Per rispetto a cotanta professionalita', ogni volta che ripete la procedura io appoggio la forchetta e smetto di mangiare, e quando ha finito le sorrido.
Lo stufato di puerco non e' per fortuna tanto, ma i ceci sono buoni e con l'aiuto del pane anche questo e' finito in poco tempo. Fuori il traffico diminuisce. Due motorini si scontrano e finiscono a terra, ma andavano entrambi a due all'ora, quindi si rialzano, si scotolano, e ognuno per la sua strada.
Ho finito e mi sento benissimo. Per puliziarmi 'a ucca, come si dice, chiedo un piatto di frutta. Arriva pulita, affettata e impilata. Il mango e' buono, l'anguria pure, la mela anche. Il dragonfuit non tanto, ma mangio tutto lo stesso. La solitudine non rovina la cena, per furtuna, se no in questi viaggi non mangerei mai.
Si sono fatte le undici, e dietro di me stanno chiudendo la cucina. Chiedo il conto - roba da poco, anche col vino - pago, lascio la mancia alla Viet Cong (non lo faccio mai in Oriente, dove non se l'aspettano) e me ne vado. Esco sulla strada e per fortuna le zoccole non ci sono piu'. Sul bordo del marciapiede alzo una mano, e un taxi si ferma subito. Saluto l'autista, gli do' il bigliettino dell' albergo dove sto, poi mi appoggio allo schienale e chiudo gli occhi. In Italia sono le sei del pomeriggio, ma KT, nel Far Side of the World ora vuole solo dormire. Devo ricordarmi di dire a SonoEsa del queso de cabra...
..tutto questo scrivere mi ha messo fame, e sono le 18:15 a Saigon. Non ho pranzato, quindi esco e vado a cena qui vicino. Mi hanno detto che c'e' un ristorante Ceco che fa carne alla brace come si deve...
- si
- siediti qui, vedi la piazza e puoi fumare
- e tu come lo sai che fumo?
- hai fumato l'altra sera quando eri qui col tuo collega
(sorridendo alla mia faccia incredula - non me la ricordo assolutamente e sono venuto solo una volta prima)
- vuoi lo stesso vino?
(recuperando, maschera da KT su)
- si grazie
Se ne va, vestita da Viet Cong in pigiama nero, sottile e flessuosa. Appoggio le sigarette sul tavolo, il portacenere c'e' gia'. Torna in dieci secondi con il menu'. Visto che sono gia' le dieci non voglio fare perdere tempo alla cucina, ordino subito. Una ciotola di olive cunzate (condite con olio, peperoncino, pezzi di cetriolini ed altre cose yummy), insalata di erba verde scura con su adagiate due fettone di meraviglioso, fantastico, orgasmevole queso de cabra, a cui si dovrebbe elevare un'ode. Poi stufato di puerco con ceci e altre cose buone. La ragazza sparisce di nuovo.
Guardo la piazza. Sotto la finestra - che non e' una finestra, e' una vetrina, come quelle dei negozi, solo che invece di guardar dentro si guarda fuori - c'e' un semaforo, dozzine di motorini fermi al rosso. Mi hanno detto che a dicembre scorso hanno introdotto la legge sul casco, ed infatti tutti ne hanno uno: coloratissimi, a fiori, a forma di coccinella a pois, rosa, azzurri, gialli. Un bimbo, in piedi davanti al padre che guida, ne ha uno con un bellissimo paio di corna da diavoletto. Luminose, rosse. Penso che sia una figata. Al centro della piazza taxi parcheggiati - a Saigon i taxi sono di tutti i colori e forme, dall'altro lato della piazza i quattro piani in stile francese del Grand Hyatt, anche lui bianco.
La ragazza torna col vino. Semplice Vina Sol Torres, bianco. Nei paesi tropicali non ce la faccio a bere il rosso - troppo caldo. Mi mette anche il secchiello col ghiaccio per tenerlo fresco. Poi arrivano il pane e le olive, una baguette a fette calda calda. Mmmm.... fra me e me mugolo di piacere olfattivo e gustativo. Mangio, e bevo. Penso alla giornata e al Vietnam a come mi piacerebbe vivere qui, fra questa gente che al contrario dei cinesi con faccia torva o inscrutabile, sorride sempre. Poi arriva l'insalata (mi sono abituato a questa cosa che l'insalata la mangiano prima della pietanza). Il queso di cabra e' rustico come deve esserlo marieddu, e profumato come deve esserlo chi gli sta dietro. Al sapore e' come una crema densa con sentori di miele ma allo stesso tempo tagliente...non le so descrivere queste cose, ci vorrebbe la veronellite, che non ho. Col pane raccolgo l'olio - vero - e lentamente mi sento meglio. Al bancone del bar, dall'altro lato della sala, oltre gli archi, quattro turisti australiani vestiti da turisti - pantaloncini, magliette, sandali - bevono e si fanno fotografie con in testa i cappelli di paglia a forma di cono tradizionali, che devono avere comprato come souvenir. Li ignoro.
La ragazza Viet Cong appare dal niente ogni volta che il bicchiere e' vuoto, non dice niente, lo riempie, e sparisce. Per rispetto a cotanta professionalita', ogni volta che ripete la procedura io appoggio la forchetta e smetto di mangiare, e quando ha finito le sorrido.
Lo stufato di puerco non e' per fortuna tanto, ma i ceci sono buoni e con l'aiuto del pane anche questo e' finito in poco tempo. Fuori il traffico diminuisce. Due motorini si scontrano e finiscono a terra, ma andavano entrambi a due all'ora, quindi si rialzano, si scotolano, e ognuno per la sua strada.
Ho finito e mi sento benissimo. Per puliziarmi 'a ucca, come si dice, chiedo un piatto di frutta. Arriva pulita, affettata e impilata. Il mango e' buono, l'anguria pure, la mela anche. Il dragonfuit non tanto, ma mangio tutto lo stesso. La solitudine non rovina la cena, per furtuna, se no in questi viaggi non mangerei mai.
Si sono fatte le undici, e dietro di me stanno chiudendo la cucina. Chiedo il conto - roba da poco, anche col vino - pago, lascio la mancia alla Viet Cong (non lo faccio mai in Oriente, dove non se l'aspettano) e me ne vado. Esco sulla strada e per fortuna le zoccole non ci sono piu'. Sul bordo del marciapiede alzo una mano, e un taxi si ferma subito. Saluto l'autista, gli do' il bigliettino dell' albergo dove sto, poi mi appoggio allo schienale e chiudo gli occhi. In Italia sono le sei del pomeriggio, ma KT, nel Far Side of the World ora vuole solo dormire. Devo ricordarmi di dire a SonoEsa del queso de cabra...
..tutto questo scrivere mi ha messo fame, e sono le 18:15 a Saigon. Non ho pranzato, quindi esco e vado a cena qui vicino. Mi hanno detto che c'e' un ristorante Ceco che fa carne alla brace come si deve...
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