La zia Petunia, alla quale tutti vogliono bene, dice che il bisnonno la costruì subito dopo la guerra, per lei bambina. È una casa di bambole fatta di legno comune, a due piani: cucina e bagno sotto, camera da letto sopra. Il tetto è spiovente come una baita, la carta sulle pareti ingiallita e sbriciolata, una striscia di giardino attorno, e il retro aperto per giocarci. Dentro, tavoli sedie e letti fatti dal bisnonno al tornio. È in condizioni pietose, dimenticata per cinquanta anni in soffitta. L'ha ritrovata e me l'ha data come regalo di Natale per la bimba. L'ho ringraziata, ma il sorriso mi è venuto legnoso.
È notte in garage. Carta vetrata grossa e fine, stucco, attrezzi e pennelli, una luce forte e io, imbacuccato ché fuori è dicembre. Tutto coperto da una patina polverizzata di vernice al piombo - sicuramente cancerogena. Farò verde e a fiori la striscia di giardino, il tetto rosso, i muri bianchi come d'estate. Dentro userò il rotolo di carta da parati che mia madre conservò, rivernicerò i mobili, e metterò anche i tappeti. Lascerò i vetri alle finestre, e per le tendine qualcuno mi aiuterà. Ci vorrá ognuna delle notti che mancano a Natale, e mi dovrò inventare un trucco per aiutare Babbo Natale a farla passare dal camino, ma le piacerà moltissimo.
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